È l’alba del nuovo secolo. Nella semioscurità di un salotto della Roma nobiliare, tante mani si stringono attorno a un tavolo: a capo di questo, il medium convoglia le energie per mettere in contatto le anime del “di là” con i partecipanti di questo rito laico e mondano. Tra questi, ospite d’eccezione, c’è un ancora poco noto Luigi Pirandello, colui che di lì a pochi anni avrebbe molto fatto parlare di sé con Il fu Mattia Pascal, poi divenuto un classico della letteratura italiana del Novecento. È proprio nel romanzo del 1904 che l’agrigentino eleva e nobilita artisticamente tutte quelle suggestioni di natura spiritica e teosofica che aveva coltivato già a partire dalla fine dell’Ottocento su esortazione del sodale Luigi Capuana, fermamente convinto dei «fatti» della medianità e del paranormale.
Sullo sfondo dell’ambiguo clima culturale a cavallo tra Otto e Novecento, segnato dalla crisi del positivismo materialista e dal conseguente emergere di dottrine di stampo esoterico e pseudo-religioso volte a coniugare fede e scienza, l’Autore approfondisce ed indaga esaustivamente il rapporto tra Pirandello e l’occulto nella Roma di quegli anni, in cui pullulavano spiritisti e teosofi, occultisti e massoni. Combinando storia e letteratura, il volume fornisce un’immagine originale e alternativa dello scrittore agrigentino nel pieno della sua prima formazione intellettuale, inscindibile da quelle tensioni irrazionalistiche che ne avrebbero caratterizzato l’opera e il pensiero negli anni a venire.
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