Una mattina di primavera del 30 d.C. tre uomini furono giustiziati in Giudea dalle autorità romane: due erano briganti, mossi dal profitto personale o forse ribelli; il terzo, un legnaiolo di Nazareth di nome Gesù, fu condannato come criminale politico. Nonostante la vasta letteratura, un’indagine dedicata per la gran parte alla vicenda giudiziaria di un giudeo del I secolo che visse in una regione periferica dell’impero romano, porta l’Autore a trattare il tema con la consapevolezza delle difficoltà che impediscono allo storico delle istituzioni di pervenire a risultati quanto meno confortanti. In tal senso, non trascurando l’analisi di tutte le fonti a disposizione, comprese quelle che sono sempre state sottovalutate quali apologetiche, lo stesso, forte di un decennio di ricerche in Italia e all’estero, tenta di penetrare le ombre che ancora affaticano una questione di cui la storiografia romana, e comunque gli ambienti delle élite letterarie, non ebbero notizie. Nel testo si coglie lo sforzo di una ricostruzione rigorosamente storica, volta ad aprire nuove prospettive per una più esatta individuazione della vicenda in sé e della situazione storica ed istituzionale esistente nelle province orientali dell’impero, nella difficile dialettica tra le prerogative di Roma e quelle ormai affievolite delle genti conquistate.
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